BURUNDI, L'ULTIMO ROGO D'AFRICA

Protesta a Bujumbura, 28 aprile 2015 (Thomas Mukoya, Reuters/Contrasto, da Internazionale)

Mi arriva una mail dalla ong Vis (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), che ha sospeso le sue attivita' nel Paese africano e informa sulla situazione drammatica:
“Da domenica mattina 26 aprile siamo chiusi  in casa. Io, mia moglie e le due bambine. Dopo aver fatto le scorte" racconta Daniele de Angelis, rappresentante legale di Vis in Burundi. "Sono tre giorni che la popolazione burundese manifesta nei quartieri di Nyakabiga, Cibitoke, Musaga, Kanyosha contro il terzo mandato dell’attuale presidente Nkurunziza Pierre. La società civile aveva avvisato che non avrebbe accettato un terzo mandato in violazione degli accordi di pace di Arusha e la Costituzione che fissa a due i mandati del presidente della Repubblica eletto.

Domenica le radio private si sono viste tagliare il ripetitore per emettere all’interno del Paese. L’87% della popolazione burundese non ha più notizie di quello che sta accadendo, se non dai media ufficiali. Lunedì la Rpa, Radio popolare della capitale Bujumbura, è stata chiusa e la polizia ha assaltato la Maison de la presse picchiando i giornalisti e chiudendo le emissioni delle radio private. Hanno arrestato anche il leader hutu della società civile Pierre Mbonimpa che durante la trasmissione informava sulle manifestazioni.
La popolazione sta fuggendo in Rwanda, Tanzania e Repubblica Democratica del Congo. Si sono superati i quindicimila rifugiati. E’ un esodo “socialmente trasversale”: funzionari di Bujumbura che inviano la famiglia a Kigali, contadini che fanno attraversare la frontiera a moglie e figli chiedendo asilo perché si dicono minacciati dalla milizia del partito al potere, gli “Imbonerakure” ("quelli che vedono lontano").
Alcuni fattori sembrano essere stati dei forti propellenti all’esplosione della situazione: la terza candidatura del presidente attuale Pierre Nkurunziza, l’armamento della milizia del partito, delle inchieste fatte dalla Radio Popolare della capitale su alcune esecuzioni contro i civili commesse dai servizi segreti e su scandali finanziari di fondi pubblici oggetto di appropriazione indebita.
La pace è a rischio ancora per l’interesse di pochi. E non si tratta del solito cliché dello scontro etnico. C’è invece chi, all’interno del partito al potere, ha governato tra immunità e arricchimento, impunità e privilegi e ora non vuole lasciare il governo. Se lo lasciasse, sarebbe forse chiamato a rendere conto.
Secondo le statistiche internazionali, il Burundi nel 2015 è il paese più affamato dell’Africa. La maggior parte dei giovani, soprattutto quelli di famiglie povere, sono senza terra, senza lavoro e senza avvenire". 

La ricostruzione della situazione a cura del Vis.
-      La candidatura di Pierre Nkurunziza
Durante tutto il mese di marzo e aprile, alcune delegazioni internazionali si sono succedute a Bujumbura per esortare il presidente attuale a non presentarsi come candidato ad un terzo mandato. Membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la Segretaria esecutiva dell’Unione Africana, membri dell’UE si sono alternati per convincere l’attuale presidente  a non candidarsi a un terzo mandato. Due letture si oppongono. Il presidente Nkurunziza ha effettivamente fatto due mandati e secondo la Costituzione e gli Accordi di Arusha non potrebbe farne un terzo. Falso,  dicono alcuni membri del partito perché il primo mandato fu fatto non a suffragio universale diretto ma indiretto dato che il presidente fu eletto dalle camere riunite. Dunque secondo loro Nkurunziza Pierre ha diritto ad un altro mandato a suffragio diretto. Questa tesi è considerata dall’opposizione un colpo di stato perché basata su un cavillo di forma.
La questione ha spaccato anche il partito al potere. Una lettera indirizzata da alcuni membri importanti del partito al potere CNDD-FDD infatti, che porta la firma o il sostegno del Presidente della Camera dei deputati, del presidente del Senato, di deputati, direttori generali, di governatori e sindaci chiedeva al Presidente di rinunciare alla terza candidatura. Una parte del partito voleva cambiare. La lettera ha scatenato una vera epurazione all’interno del partito stesso, con il licenziamento in tronco di governatori, sindaci e funzionari. Non sono riusciti a trovare i quorumnecessari per far  dimettere i presidenti delle due camere ma in ogni caso sono stati allontanati dal partito. Il 26 aprile c’è stato il congresso del CNDD-FDD che ha effettivamente confermato il suo candidato. Quelli che avevano chiesto il cambiamento sono stati esclusi o non invitati. Il partito ha superato l’antagonismo etnico tutsi-hutu e sono presenti le due etnie nel partito anche se il partito è ancora a maggioranza hutu e soprattutto gestito da un gruppo di potere rappresentato da coloro che sono usciti dal conflitto armato con il grado di generali. Nonostante il divieto di manifestare imposto dal governo , i membri del partito hanno sfilato per le vie di Bujumbura per festeggiare Nkurunziza protetti dalla polizia.
La società civile che aveva annunciato la sua manifestazione prima del divieto, domenica 27, il giorno dopo il congresso, si è vista impedire la manifestazione pacifica con cariche, idranti e spari non a salve, che hanno causato il decesso di tre persone. Ne hanno scritto anche i media italiani. Il governo parla di insurrezione ed ha arrestato più di trecento persone. Tuttavia la macchina repressiva messa in moto attraverso la polizia dal partito al potere ha voluto identificare la polizia e l’esercito come strumenti del partito al potere e dei suoi interessi invece che come responsabili della pace e dell’ordine pubblico. Hanno distorto così la regole democratiche secondo le quali le forze dell’ordine non sono pagate dal partito al potere,  ma dai cittadini e, vista la dipendenza dagli aiuti allo sviluppo, anche dalla comunità internazionale. Ad ogni cittadino deve essere riconosciuto il diritto di poter esprimere la propria opinione e sono proprio le persone comuni di Bujumbura che non capiscono perché la polizia protegga solo i manifestanti di un partito e non tutti i manifestanti. Così continua la manifestazione da domenica e non si fermerà, dicono i manifestanti, fino a quando l’attuale presidente non rinuncerà al terzo mandato. In questi giorni l’esercito ha fatto una timida apparizione in alcuni quartieri per proteggere i manifestanti. Quanto basta per far vedere che polizia ed esercito hanno due visioni differenti delle manifestazioni.
- Gli Imbonerakure
Prevedendo un possibile scontro per il potere, il partito al potere ha organizzato la sua milizia inviandola in formazione a Kiriba-ondes (Repubblica Democratica del Congo)  per diversi mesi. I servizi segreti si sono organizzati per armarli e distribuirli nel Paese; nonostante le smentite, le testimonianze sembrano troppo numerose per essere di parte. La mattina del 28 aprile delle milizie venute dalla Ruziba hanno attaccato i manifestanti di Kanyosha, scortati dalla polizia nella loro fuga, armati di fucili, pistole e machete. Nonostante le proteste della società civile e dei partiti dell’opposizione, nessun gruppo d’inchiesta internazionale e indipendente è stato inviata in Burundi per venire a verificare queste gravi accuse.

 RPA: una radio come la ruandese “Mille Colline”?
La radio è stata chiusa con l’accusa di pilotare i manifestanti come la Radio ruandese Mille Colline. Tuttavia le radio che seguivano le manifestazioni erano tre: Bonesha, Isanganiro e RPA. Il direttore della RPA era stato già arrestato perché aveva cominciato a diffondere delle notizie riguardanti l’assassinio delle tre religiose saveriane italiane a settembre 2014 nella parrocchia di Kamenge a Bujmbura. La RPA aveva trasmesso le confessioni di alcuni agenti dei servizi segreti che dicevano di aver ucciso le suore su ordine dell’allora capo dei servizi e uomo potentissimo di Bujumbura, Lieutenant General Adolphe Nshimirimana.
Le suore erano state uccise, due subito ed una successivamente, nonostante la polizia avesse assicurato la guardia alla casa delle religiose. La polizia identificò come responsabile degli omicidi una persona con disabilità mentale, ma i vescovi burundesi e la comunità internazionalenon hanno mai creduto a questa versione dei fatti.
Il direttore della RPA che si occupò della vicenda fu accusato di complicità nell’omicidio e di divulgazione del segreto istruttorio. Dopo un mese a Muramvya in regime di isolamento, sotto la pressione internazionale, il giornalista è stato liberato ed accolto da migliaia di manifestanti a Bujumbura  in delirio di gioia. Le suore sarebbero state uccise per non parlare dei traffici fatti tra la Repubblica Democratica del Congo ed i generali burundesi e soprattutto per non parlare di quello che avevano visto: si sospetta fossero al corrente della formazione militare degliimbonerakure in Congo.
Poco prima della sua chiusura la RPA stava diffondendo un’inchiesta sull’acquisto di un aereo presidenziale pagato 12 milioni di dollari e mai arrivato i cui soldi sarebbero finiti sul conto di uno dei generali dell’“entourage” del presidente.
Domenica scorsa, il ministro dell’Interno, quello della Sicurezza e quello della Comunicazione, con una cinquantina di poliziotti hanno cercato di chiudere la RPA. Arrivati là, la notizia si era già sparsa nella città e molti giornalisti nazionali ed internazionali e gente comune si era riunita davanti alla radio per seguire quello che accadeva. La delegazione governativa quindi aveva desistito dall’intento di chiudere, ma sono riusciti a farlo lunedi scorso.

 Un’impasse senza uscita?
Per il momento la comunità internazionale, Unione Europea e le Nazioni Unite tacciono. Hanno minacciato di allontanare i soldati burundesi dalla forza di pace e di sospendere il Burundi dagli Accordi di Cotonou con i suoi relativi finanziamenti. Gli Stati Uniti hanno promesso di applicare delle sanzioni. Sono soltanto dichiarazioni per il momento. Altri informano che il Presidente del Rwanda sarebbe pronto a intervenire in caso di aggressione ai Tutsi del Burundi.
Il Burundi tuttavia ha fatto un altro percorso. Nel governo vi sono dei ministri tutsi dal passato militante nei partiti duri e razzisti come quello di Bagaza; nel partito al potere il vice-presidente è un Tutsi e vi sono nel partito molti membri di un’etnia e dell’altra. Il problema non sembra dunque un problema etnico ma piuttosto legato alla lotta del potere.La voglia di rinnovamento di una parte del partito CNDD-FDD è stata soffocata violentemente. Nel discorso di investitura del partito, l’attuale presidente ha usato il linguaggio del “maquis” parlando per coloro che non sono mai usciti dalla lotta armata e che hanno fatto delle democrazia uno slogan di facciata, pronti a violare tutte le libertà fondamentali ed imporre con la forza il loro potere pur di conservare i loro privilegi.
Bujumbura, 30 aprile 2015
Daniele de Angelis, rappresentante legale Vis in Burundi

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