I FIGLI RACCONTANO LE MADRI

Illustrazione di Valeria Petrone

I figli raccontano. Di ordinaria violenza tra le mura domestiche. Delle loro madri private di diritti e di ruolo. Lo rivela uno studio condotto tra Napoli, Palermo e Milano. Che disegna un'Italia che speravamo ormai estinta.

Un gruppo di bambini dagli 8 ai 12 anni osserva le immagini scorrere sullo schermo. È una lezione sui diritti umani. Appare un volto femminile con un occhio pesto e gli zigomi lividi. Un ragazzino rompe il silenzio: «Proprio come mamma!». Altri gli fanno eco: «Anche la mia!». «Quando non fa il suo dovere, papà gliele dà». «Mio padre dice che la picchia per insegnarle come funzionano le cose». Qualcuno ride. La violenza in casa è ordinaria, metabolizzata. Da discutere senza dolore né vergogna.

Siamo a Napoli, quartiere San Lorenzo, tra vicoli percorsi da criminalità e indigenza. E questi ragazzi sono fra i 1.500 protagonisti di una ricerca che, oltre al capoluogo campano, ha coinvolto Milano e Palermo.
Era nata come un’indagine sul rapporto madre-figlio, per capire come rafforzarlo nell’ottica di un miglior rendimento scolastico degli adolescenti: si è trasformata nel ritratto di una condizione femminile che speravamo scomparsa. Lo spaccato di un’Italia del disagio ferma a decenni fa, ignara dell’emancipazione e delle pari opportunità, dove i figli diventano ingenue spie: «Vorrei che mia madre avesse il permesso di uscire», «vorrei che papà le facesse usare il cellulare», «vorrei che potesse passeggiare con le amiche».
L’associazione non profit Intervita ha raccolto queste voci in quartieri problematici delle tre città, interrogando i ragazzi che frequentano centri dove si offre sostegno allo studio e formazione per madri in difficoltà. Un percorso di laboratori e questionari che, alla fine, ha aperto gli occhi dei figli sui bisogni delle madri. le risposte, talvolta inquietanti nella loro spontaneità, compongono il rapporto “Mia mamma è (anche) una donna”, che sarà presentato a Milano il 9 maggio. 

«Questi ragazzi non considerano la madre una donna, una persona, bensì una figura di secondo piano che ha solo doveri domestici» spiega il pedagogista di Intervita Alessandro Volpi, coordinatore della ricerca. «La scarsa autostima dei figli riflette il malessere delle madri: agire su questo nodo potrebbe prevenire la dispersione scolastica». Che in Italia riguarda il 18 per cento dei minori, ma in Campania raggiunge il 23 per cento e in Sicilia s’impenna al 26.

A Palermo, nel centro di Intervita al Borgo Vecchio, le signore sono trentenni, casalinghe o addette alle pulizie. «Molte si sono sposate a 15 anni con la classica “fuitina”» chiarisce l’educatrice Maria Rosaria D’Agostino «passando direttamente dal ruolo di figlie a quello di madri, senza avere il tempo di formare le proprie competenze. Seguiamo anche le adolescenti che replicano questo percorso». 
A Milano, le donne incontrate nella periferia sud sono immigrate dall’America Latina, dalla Cina, dall’Ucraina. Quasi tutte laureate costrette a ripiegare su impieghi mal pagati. I figli riconoscono che hanno sacrificato se stesse per dare loro un futuro migliore e descrivono madri giustamente severe che non vogliono essere deluse dai loro risultati scolastici. Ma è soprattutto Napoli a rimandare storie aliene. Alessia Piccirillo, educatrice a San Lorenzo, racconta di Susanna, spinta dal marito a ingrassare di 40 chili affinché non seducesse altri uomini: «Suo figlio ci ha detto: “Se mamma fosse rimasta troppo bella, avrebbe lasciato papà”». Alessia parla di altre giovani che rinunciano al cellulare «perché altrimenti il marito le chiamerebbe mille volte al giorno per controllarle». E di un uomo che, lavorando in Grecia, ha avuto un figlio da un’altra donna e ha portato entrambi a Napoli, a casa della moglie. Questa non ha la forza di ribellarsi all’assurda poligamia ma non esce di casa perché muore di vergogna di fronte alla gente. 
E ancora, madri disoccupate per le quali il lavoro sarebbe una vacanza dalla routine che le avvilisce, con un’unica trasgressione: le notti su internet, tra Facebook e il videopoker. Di nascosto da mariti ex detenuti o “magliari”, come si dice qui: commercianti di merce contraffatta. «Tanti ragazzi si vergognano di madri che vanno trasandate ai colloqui con gli insegnanti» aggiunge Alessia «e le donne si sentono umiliate perché non sono in grado di aiutarli nei compiti».

«L’obiettivo dei nostri centri è aprire spazi di dialogo e fiducia in cui le madri si riconoscano come titolari di diritti in quanto donne» dice Alessandro Volpi. «Ma il percorso sarà lungo» conclude. Intanto, dopo i primi mesi, i figli iniziano a mutare sguardo. Comprendendo che, in fondo, le madri si meriterebbero tante cose: «l’allegria, l’istruzione», dicono i ragazzi. «Non dover spazzare casa almeno per un giorno». E «50 euro da spendere solo per sé».

METTI IL CUORE SUL TUO BIGLIETTO D’AUGURI
La bambolina Maya dal cuore arancio è il simbolo della campagna “Mia mamma è (anche) una donna” lanciata da Intervita in occasione della Festa della mamma, 12 maggio. Si potrà scaricare la sagoma dal sito www.intervita.it con una donazione libera (che sosterrà i tre centri per madri e figli di Milano, Napoli e Palermo) e farne un biglietto d’auguri personalizzato. La ricerca – condotta su bambini e ragazzi dagli 8 ai 18 anni nell’ambito del progetto “Frequenza 200” contro l’abbandono scolastico – sarà presentata a Milano, il 9 maggio alle 18 presso Piano C (via S. D’Orsenigo 18).


da Io donna, 4 maggio 2013

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