UN GIORNO IN PROCURA


Che simpatica coincidenza.
Nel giorno in cui viene arrestato Michele Zagaria, il boss dei casalesi latitante da 16 anni, catturato questa mattina alle 11.30 in un bunker sotto la sua abitazione, a Casapesenna (Caserta), mi trovo al tribunale di Santa Maria Capua Vetere per tutt’altre faccende. E mi capita di fare due chiacchiere con il procuratore capo Corrado Lembo, per dieci anni alla Direzione nazionale antimafia e dal 2008 dirigente di questa procura del Casertano che non fa inchieste di camorra (spettano alla Dda di Napoli) ma sta dentro al regno dei casalesi. Qui in realtà si indaga su migliaia di casi che sembrano delinquenza comune e invece poi si scoprono legati a doppio filo al crimine organizzato. Che  impregna tutto, a queste latitudini.
Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, tra l’altro, è quello dove i processi di camorra si celebrano. A non saperlo, lo si capirebbe comunque dagli alpini in tuta mimetica e mitragliatore imbracciato che proteggono l’ingresso.
In queste aule ha appena dato spettacolo Sandokan, alias Francesco Schiavone, altro grande nome del gotha di Casal di Principe, che durante un’udienza del processo Spartacus III, l’altro ieri, in videoconferenza dal carcere di Opera dov’è al 41 bis ha puntato il dito contro i giudici accusandoli di aver fatto praticamente impazzire sua moglie, Giuseppina Nappa, con la loro “persecuzione giudiziaria”. I giornali locali hanno titolato: “Lo show di Sandokan in tribunale”.

Il procuratore Corrado Lembo mi riceve nel suo ufficio per parlare di tutt’altro, ma è impossibile oggi, da queste parti, non parlare anche di Michele Zagaria. E Lembo preferisce non gioire troppo, non inneggiare alla decapitazione della camorra.
“Bisogna essere ottimisti: Zagaria era uno dei cervelli del clan più potente e ricco della camorra” dice, “però in questo territorio esiste un brodo di coltura della criminalità organizzata, una società civile che vive a stretto contatto con il crimine in senso tecnico. C’è una zona grigia in cui si coltiva una particolare mentalità, fatta di complicità silenziose e occulte, di solidarietà socio-culturale. E questa mentalità favorisce un continuo ricambio nei ranghi della camorra. Non è facile entrare nel gotha” precisa il procuratore, “ma tanti criminali comuni premono per farne parte e qualcuno prima o poi ci riesce”.
Eliminato un Zagaria, in altri termini, se ne fa un altro.
“La camorra ormai non spara più” prosegue Lembo “c’è un tale tessuto omertoso che non ha più bisogno di intimidire. Per sconfiggerla, occorre ricostruire la mentalità di un’intera società civile. E dedicarsi anche alle indagini di scenario, quelle che non si focalizzano sul dettaglio ma tentano di anticipare le mosse della criminalità organizzata. Uno dei primi grandi pentiti di camorra, Carmine Schiavone, cugino di Sandokan, interrogato dal pm raccontò: “Dottore, noi aspettavamo che cadesse il muro di Berlino. Eravamo pronti con le valigie cariche di soldi per fare affari nei Paesi dell’ex blocco sovietico”.” Ecco, bisogna prevedere quali saranno le loro prossime mosse. Secondo il principio: dove ci sono i soldi, là c’è la criminalità organizzata”.

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