LA PREGHIERA DEL VENERDI'

Una moschea di provincia. Venerdì, ore 12.30. La preghiera.
Accidentalmente oggi c'ero anch'io. Uno strano fuori programma. Grazie a un'auto incastrata in un parcheggio zeppo e alla pioggia insistente. "Vieni, entra che ti bagni".
Scarpe dappertutto, una folla di musulmani - soprattutto nordafricani, qualche albanese, pochi senegalesi. E le donne, al piano di sopra, in una piccola stanza con qualche bambino che corre in giro mentre loro pregano. E io in mezzo. Muta. Imbarazzata, ovviamente. Inzuppata e goffa con gli stivali in mano.
Loro mi notano, certo, ma come se non ci fosse nulla di strano. Sono l'unica senza velo in testa. Sono io quella diversa. Ma è una sensazione soltanto mia, loro non mi fanno sentire aliena.
Nemmeno al momento della preghiera conclusiva, disposte su quattro righe, i movimenti rituali mentre lo sheik declama al piano di sotto e la sua voce arriva qui dall'altoparlante. "Puoi farlo anche tu" mi dice Najla. "Oppure puoi sedere in fondo, come preferisci".
Mi sposto sul fondo, ma lo trovo un invito bellissimo. Semplice, spontaneo. Caldo. Senza retropensieri.
Poi quattro chiacchiere con Najla sullo Yemen......
 e su Sana'a, la sua città, che ho visitato cinque anni fa e mi è rimasta dentro, con le magiche case di fango, i succhi di mango nei chioschi sulla strada, gli uomini che masticano qat fuori dalla porta della città vecchia.
Najla ha 32 anni, lavorava come dentista a Sana'a, è venuta in Italia per amore e ora è costretta a casa: "Il mio titolo di studio non è riconosciuto, qui. Devo affrontare cinque esami universitari per farlo convalidare e poter lavorare, ma ancora non parlo bene l'italiano. Medicina legale è la materia più difficile. Piano piano ce la farò, inshallah".
Lo sheik, nel suo discorso di mezz'ora, ha parlato di giustizia. Ha detto che il profeta Maometto dà prosperità solo a una nazione che sappia praticare la giustizia, l'equità. E che è dalla mancanza di giustizia che discendono tutte le catastrofi del nostro tempo. Ha citato "la nostra gente a Gaza, che vive in una prigione".
E io penso che il concetto di giustizia sia uno dei più difficili, profondi e complessi da comprendere e mettere in pratica.

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