DAGLI SLUM AL TEATRO

















Le "regine" di Nairobi: venti adolescenti che erano "spazzatura" e adesso, il 7 marzo a Parma, mettono in scena "Il cerchio di gesso" di Brecht. Insieme al loro riscatto.
L'articolo su Io Donna in edicola domani e sul Corriere.it
(Nella foto: Monica, la regina, e Hannah, il giudice)

Rachel sbuca dal sipario nero in jeans scoloriti, il berretto di lana calato sugli occhi nonostante l’umidità rovente qui nel parco Rowallan di Nairobi: collina verdissima con vista sui labirinti di lamiera di Kibera, lo slum più immenso e tremendo della metropoli. Pare voler scomparire, Rachel, in piedi a destra della scena, con la sua postura storta e lo sguardo da animaletto ferito perfetto per il personaggio di Grusha, l’eroica sguattera brechtiana capace di umanità e altruismo in una società iniqua e sanguinaria. E anche così selvatica e dimessa, la diciassettenne analfabeta oscura la rivale nella finzione, Monica, più alta, formosa, le trecce perfette, il top attillato con i cuori rossi.
Tutte e venti le attrici adolescenti avevano imparato l’intero copione, e segretamente ognuna pregava di ottenere la parte di Grusha, ma appena Rachel ha abbozzato la scena dove la serva raccoglie il neonato abbandonato, chinandosi con misura, la grazia di chi immagina l’invisibile e lo fa vedere a chi guarda, è stato chiaro: Grusha era Rachel.




Finché non ha partorito il suo George, l’anno scorso, e il fidanzato l’ha accolta nella sua casetta, Rachel abitava sulle strade di Dagoretti, sobborgo povero a sud di Nairobi che sembra campagna, con i banani e i sentieri sterrati. Il padre svanito nel nulla, la madre malata di Aids, lei era una di quelle sagome informi che qui chiamano chokora, spazzatura in swahili, perché vendono cianfrusaglie raccattate in discarica. Racconta che dormiva sotto i camion, che le sue amiche si prostituivano ma non dice di sé, con il pudore comune a queste ragazze che da chokora stanno sbocciando in malkia, regine, come il nome della loro compagnia teatrale.
Abbiamo assistito alle prove più importanti, in uno stanzone spoglio nel parco, tra improvvisazioni e sfoghi di creatività che le rimandano a un’infanzia sconosciuta. È il preludio al grande debutto del 7 marzo a Parma, dove incontreranno anche le coetanee nelle scuole, ambasciatrici di un’Africa al femminile che vince sulla disperazione, quando ci sono vere opportunità. Porteranno in scena Il cerchio di gesso, adattamento da Brecht, l’epopea della serva Grusha che alleva il bimbo abbandonato dalla regina, lo salva dai ribelli, supera ostacoli impossibili e finisce per ottenerne legalmente la maternità contro la regina, madre biologica interessata solo alle l’eredità, grazie a un giudice che afferma un principio rivoluzionario: le cose appartengono a chi se ne prende cura.

«Una storia che le riconcilia con il loro passato di abbandono, ed è un appello alla maternità consapevole, per loro che spesso restano incinte giovanissime» spiega la regista Letizia Quintavalla, lunga esperienza con l’espressività dei ragazzi al Teatro delle Briciole di Parma, che da tre anni affina nelle reginette di Nairobi l’innato senso del comico e del tragico e la coscienza che persino loro, ex spazzatura, hanno qualcosa da dire.

Il Malkia Theatre è lo sforzo collettivo (e volontario) di un gruppo di professionisti del palcoscenico, e l’ultimo atto tra i progetti di Amref, organizzazione africana che dal 2000 recupera i giovani dannati di Dagoretti attraverso lo sport e l’arte.
C’è stato il Pinocchio Nero diretto da Marco Baliani, vari cortometraggi, ma è la prima volta che le protagoniste sono le ragazze: «Quando è una giovane donna a cambiare la propria vita, gli effetti benefici sull’intera comunità sono diretti» osserva John Muiruri di Amref, responsabile del programma Children in Need. «Il governo conta 250 mila ragazzi di strada in Kenya e 120 mila a Nairobi, ma i dati si fermano al 2001: oggi sono infinitamente di più. Alla povertà dei genitori, all’Aids e all’alcolismo, si sono aggiunte le violenze scoppiate un anno fa dopo le elezioni: tante famiglie sono fuggite dalle campagne negli slum di Nairobi, ingrossando le sacche di miseria».
Sui quattro milioni e mezzo di abitanti della capitale, circa la metà abitano gli inferni di lamiera. Buchi neri senza luce né fogne, dove il tasso di Hiv sfiora il 60 per cento, contro il 6,7 della media nazionale, e l’alfabetizzazione si ferma al 5. Per ragazze anestetizzate da esistenze rabbiose, l’avventura di Malkia Theatre - e di Malkia Style, la loro piccola impresa sartoriale - può dischiudere un futuro: «Si mettono alla prova, prendono coscienza delle loro capacità e dei loro diritti» rimarca John «costruendo una difesa contro gli abusi sessuali, l’Aids, le maternità precoci».

Magda ha 19 anni, recita varie parti ed è talmente brava nella danza che ora insegna in una scuola privata per bianchi
. Chiku, che ha letto il copione a Rachel per fargielo imparare a memoria, ci invita nella sua casa di cemento e lamiera a Dagoretti, le pietre per cucinare fuori dalla porta, bottiglie di Coca Cola vuote e stelle filanti come soprammobili. Chiku è tornata a studiare, vuole diventare avvocato: «Non mi piacciono le discriminazioni e le accuse ingiuste » dice con la sua vocina timida.
E c’è Hannah, cento chili di puro talento attoriale: irresistibile il suo siparietto comico sulla melodia del Monello di Chaplin. È lei il giudice che impone a Grusha e alla Regina la prova del cerchio di gesso: il bambino al centro, le due donne devono tirarlo per le braccia. Chi strapperà più forte sarà la vera madre. Grusha dice no, «non posso fargli del male» e il giudice-Hannah, che sembrava tanto mascalzone, pronuncia il verdetto più equo.
«Abbiamo scelto Brecht perché, per lui, il teatro serve solo se cambia il mondo» dice Letizia Quintavalla. «Loro erano abituate a tacere o a dire sempre sì: ora stanno imparando a elaborare le proprie idee e a difenderle. E sono brave attrici: chi ha sofferto, è più stimolato a esplorare altri mondi».
All’ora del tè, le ragazze corrono verso i tavoli nel verde. Giocano a farsi le treccine. Coccolano il bimbo di Rachel, quello vero. Il 25 febbraio si parte per l’Italia. Chissà dove sta sul mappamondo. Quel che conta, è che sarà un viaggio da regine.

Grazie ad Amref.

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